lunedì 31 maggio 2010

Treggiaross' 'e notte






Mi tocca spesso, per il mio lavoraccio malefico, fare dei turni notturni. Per fortuna, la centrale è dotata di un computer talmente all'avanguardia da poter senza problemi, ancorché nel suo campo specifico, rivaleggiare con gli automezzi del TB: lo si potrebbe chiamare una computreggia. Come ogni treggia che si rispetti, però, fa il suo e lo fa egregiamente.

Poiché, però, su tale piccì non è possibile scaricare foto, ne approfitto per mettermi un po' in pari con l'oramai veramente cospicuo materiale inviatomi da Simone. Tra l'eliminazione al volo di una zanzara e l'altra (dato che la centrale possiede sì le tavolette antizanzare, ma è attualmente e misteriosamente sprovvista di fornello), scarico quindi i contributi simoniani dalla mia casella di posta e li inserisco via via ad ore in cui voi felicissimi mortali siete già a letto da un pezzo, e con la prospettiva di rimanervi senza che nessuno vi ci butti giù all'improvviso.

Si comincia quindi con questa assolatissima Treggiarossa, vale a dire un esemplare di Fiat 850 Sport (vale a dire l'evolùscion dell'ottoeccinquanta cupé) del 1974. Al Treggista Targòlogo non sarà sfuggita la particolarità: a Firenze, le targhe della serie 74 (da FI 740000 a FI 749999) comparvero proprio nel 1974, un evento assolutamente unico in tutta la storia delle targhe fiorentine (le schifezze di ora non sono fiorentine, e secondo me non sono neppure targhe). Anche qui, nonostante la solarità e la simpatia di quest'autovettura che peraltro, nonostante la piccola cilindrata, aveva delle prestazioni ragguardevoli da vero e proprio spaiderìno, si osservi la sagra delle stuccature presenti sulla fiancata sinistra! Insomma, proprio un discreto modo per cominciare 'sta nottata intrinsecamente di merda, e che mi ha fatto peraltro perdere una cosa cui tenevo molto e che con le tregge nulla ha a che fare. Ma tant'è. Contentiamoci della Treggiaross' 'e notte...

domenica 30 maggio 2010

Un Gigliese a Ischia



L'amico e correligionario Viola Ionis 56, come tutti i lettori e tutte le lettrici del TB oramai ben sanno, è anche un coisolano: il Giglio lui, l'Elba io, e l'Arcipelago Toscano è così più che degnamente rappresentato (anche perché fra un paio di settimane avrò delle cosiddette ferie, e quindi sto già scaldando la Codacchina per un TT elbano commilfò). Ma lo Ionis, oltre al Giglio, nutre una smodata passione per l'isola d'Ischia (il cui nome, anche se è difficilmente immaginabile, ha la stessa origine di quello dell'Enfola); e, di ritorno da un suo soggiorno ischitano, mi ha inviato una meravigliosa & squisitissima zuppa di tregge reperite sull'isola, che non mi sono sentito di separare in diversi post per non rovinare la particolare atmosfera che da tutto ciò promana. 'A maronna t'accumpagna, come si può vedere nella foto sotto il titolo, e la cosa mi ha dato un'idea seminale: prima o poi dovrò andare a fotografare gli ex-voto del santuario di Montenero, a Livorno, dove di tregge dipinte dalla mano popolare ce ne sono a bizzeffe. Ma andiamo per ordine.

Caratteristica saliente, e assai originale, dello Ionis è il principio: tutto è treggia. E così, dopo la Pia Treggia d'a' Maronna, ecco qui quella che Ionis chiama una treggia ideologica:

Grand'isola dev'essere Ischia, dove accanto a a' Maronna esiste ancora il Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista! Ma non c'è da stupirsene più di tanto; le isole le son fatte a codesta maniera, e ne so qualcosa. E siccome, appunto, attorno alle isole c'è il mare, e il mare ha le sue belle treggione naviganti, eccone una:


Vi starete a questo punto accorgendo dell'autentica vena pantrèggica dello Ionis, una vena che non posso assolutamente non condivedere sebbene il TB sia precipuamente dedicato agli automezzi. Ma com'era possibile non iniziare questo "post collettivo" ischitano senza dar conto d'a'a Maronna, del PCI-ML e della barca che, peraltro, tanto mi ricorda la vecchia barcaccia elbana di mio padre (che si chiamava Lario, ma non in onore della Veronica neodivorziata)? Ho avuto quasi un groppo alla gola...

Detto questo, lo Ionis è anche un diligentissimo Treggista in senso proprio; e c'è da dire che ogni isola, Ischia compresa, se presenta tregge madonnare, tregge ideologiche e tregge marittime deve per forza anche contare su un nutrito numero di tregge "doc". Detto, fatto, a partire da questa poderosa treggia edile:


Si prosegue con delle impareggiabili & amorosissime tregge turistiche, che fanno immaginare romantiche coppiette bacianti dietro a un energumeno, tale don Gennaro Maria Enzensberger che guida il mezzo (troppo comodo ricorrere al solito "Esposito", quando in tutta Napoli e dintorni gli antichi cognomi tedeschi e svizzeri sono assai numerosi):





Abbiamo poi un valente esemplare di treggia campagnola in disarmo, che si potrebbe chiamare anche Treggia d'a prutezzion' civil':



Potevano mancare a Ischia, infine, le Tregge Utilitarie? Le Tregge Utilitarie sono connaturate con ogni isola, tanto da fare immaginare tale scenario fortemente plausibile:

Don Gennaro Maria Enzensberger, che si guadagna il pane con gli Apini coi cuoricini portando a spasso coppiette innamorate (e declamando loro interessanti poesie filosofiche, che gli innamorati apprezzano moltissimo), svolge anche l'attività di pescatore con la Treggia Marinara ma non disdegna di costruirsi da solo qualche casetta abusiva con la Treggia Edile. Ovviamente crede n'a'a Maronna, ma è anche membro del Partito Comunista Italiano Marxista Leninista. Da ricordare anche il suo impegno nella Prutezzion' Civil'; per muoversi, però, e quando deve recarsi in continente per qualche incombenza, si serve del suo favoloso parco autovetture:





(NB: Il Cinquino, così mi dice Ionis, è stato in realtà ripreso in un'altra isola vicina, ovvero Procida.)

giovedì 27 maggio 2010

Le tregge di Amici Miei (1): La 125 del Melandri




I tre film del ciclo di Amici Miei, nati da un'idea di Pietro Germi e diretti da Mario Monicelli, fanno praticamente parte del DNA di ogni fiorentino. Persino gli adolescenti che, nel 1975 (anno di uscita di Amici Miei Atto I), erano, come si dice da queste parti, ancora nelle palle d'i' su' babbo, ne conoscono a memoria intere parti. Nonostante uno solo degli attori (ma solo negli ultimi due "atti") fosse fiorentino, vale a dire Renzo Montagnani (che peraltro era nato a Alessandria, seppure da genitori fiorentini), il cremonese Ugo Tognazzi, il siciliano Adolfo Celi, il veronese Gastone Moschin, il cuneese Duilio Del Prete e il francese Philippe Noiret (che era di Lille, cioè di una città che ben conosco e cui sono legato da molti ricordi belli e brutti) seppero interpretare, doppiati o in un fiorentino approssimativo, la vera anima di questa città. Un'anima strana, a volte carogna, a volte tragica, e sempre contro. Questo post, ed alcuni che seguiranno a intervalli irregolari, vuole essere quindi un omaggio a quei film, a chi li ideò, diresse e interpretò, e a chi continua a tenerli vivi nella memoria di tutti i giorni. Anche un bambino, a Firenze, sa fare la supercazzola. C'è chi ha chiamato il cane o il gatto Tarapia Tapioco. Io sto all'Isolotto, proprio là dove si trovava il seminterrato stile giapponese del conte Mascetti.

Un omaggio da Treggia's Blog, però. I film di Amici Miei, e mi sembra di averlo già accennato una volta, sono importanti anche dal punto di vista treggistico. Girati come sono nella Firenze degli anni '70 e '80, sia in città che nelle vicine campagne, ci presentano una Firenze che non c'è più, e che ho conosciuto. Le riprese avvennero inquadrando le macchine che circolavano allora, vale a dire quelle che sono le tregge di oggi; ed erano tutte autentiche, con targhe vere. I film di Amici Miei sono, quindi, anche una testimonianza unica: vi si può vedere il parco automobilistico circolante a Firenze 35 anni fa. Cosa comunissima, ad esempio, per Roma o Milano, città dove sono state girate decine di film; molto meno comune per Firenze. Le tregge di "Amici Miei" erano macchine e motociclette vere. Come spostare per un istante il Treggia's Blog all'epoca in cui le vetture qui presenti erano nuove, oppure meno vecchie.

A cominciare dalla Fiat 125 dell'architetto Rambaldo Melandri, che qui vediamo in tre inquadrature pienamente da TB (frontale e retro): la scena è quella, indimenticabile, della distruzione dei paesini. La ho scelta, perché della vettura si può leggere anche la targa originale: FI 408152. La macchina è quindi del 1967, ed era quindi una discreta treggiotta già nel 1975. Ecco qui la scena completa:


A dire il vero, la stessa 125, oltre che in altre scene, compare anche in quella che è forse la scena più celebre di tutti i tre film, ovvero quella della supercazzola fatta al vigile urbano davanti al bar del Necchi (anch'esso realmente esistente, in via dei Renai, e che a lungo si chiamò "Bar Amici Miei" prima di chiudere); ma la si nota meno bene, anche se la si sente benissimo:


Una scena però, questa, dove ad un certo punto si vedono parcheggiate sullo sfondo di Piazza Demidoff anche una Ford Escort di 1a generazione e, di striscio, anche una Giulia. E, alla fine, tutta un inquadratura su Via dei Renai con tutte le macchine parcheggiate: Maggiolini, una Citroën DS...


Piacentine al volo (1): La 127 merda di piccione




Tutte le tregge di questo e di altri due post che seguiranno sono opera esclusiva della Piasintëina e del suo videofonino: ebbene sì, oramai il TB è diventata una simpatica e sgangherata community senza che ci sia stato alcun bisogno di stupidissimi Social Networks o roba del genere. Fra piacentine, dore, mehariste, caporniani, colonnelli, gigliesi, tafferugli interiori eccetera questo blog senza commenti è riuscito a coalizzare un bel po' di persone con una data passionaccia, e magari anche a farla scoprire a qualcuno che l'aveva latente. Insomma, a quasi un anno di vita del TB, mi sia permesso sia di esserne felice, sia un po' fiero.

La Piasintëina si è cimentata qui, peraltro, con una delle più difficili attività del Treggista, da vera professional Treggiawoman: quella della treggia presa al volo. Si comincia con questa Fiat 127 che scientificamente verrebbe definita beige, ma che più familiarmente dovrebbe essere color merda di piccione. Come già detto, le colorazioni delle tregge obbediscono a regole particolari e, sovente, abbastanza sfuggenti. Ad esempio, il color merda di piccione può essere benissimo sia il begìno smorto di questa 127, sia l'altrettanto smorto verde acqua di certe 128 (tutte tonalità che si ritrovano nelle cacate di piccione, ivi compreso certi marroncini tipici ad esempio delle vecchie Giulie). La 127 piacentina qui raffigurata si contraddistingue anche per essere una vera e propria saga delle stuccature (si veda la foto laterale), una cosa che fa terribilmente treggy (aggettivo inglisc' corrispondente a quel che nelle macchinine da fighetti sarebbe trendy).

Due nuove categorie

Due nuove e doverose categorie nel Treggia's Blog! La prima è dedicata alle Tregge elbane, e sicuramente c'è chi si stupirà di non averla vista prima, dati i miei legami indissolubili con l'isola d'Elba e vista anche la quantità ragguardevole di tregge che ho raccolto nei miei giri isolani (e che, ovviamente, continuerò a raccogliere). A volte, lo riconosco, sono un po' "tardo": c'erano già le Tregge piacentine e le Tregge extraterritoriali, e mancavano proprio quelle elbane...insomma, rimedio oggi col vecchio detto: meglio tardi che mai...

La seconda nuova categoria è invece un omaggio ad un curiosissimo "tormentone" di questo blog. Si intitola La saga del 17 ed è dedicata a tutte le oramai numerose tregge le cui targhe iniziano per 17. Talmente tante, che mi hanno fatto più volte gridare a una specie di "legge". Una curiosità, certo, che spero vada avanti: insomma, di qualsiasi provincia si tratti trovare una vettura targata 17 e qualcosa è indice di un bel po' di anni sul groppone! Naturalmente, tale categoria comprenderà anche le eventuali Bagnoles françaises del dipartimento della Charente (17, giustappunto).

Il Fondo Cristina (14): Trenós portugueses (2)


Una bella e splendente Mini Minor bianca e rossa, ancora con una vecchia targa portoghese coi numeroni bianchi in rilevo su fondo nero: è il secondo contributo lusitano di Cristina la Meharista (che sarebbe forse più opportuno chiamare Cristina 'a Grobbettròtte, con uno spiccato accento di Manhattan). Manca solo sapere con maggiore precisione da quale città o regione portoghese provengono le foto, anche perché sono ragionevolmente certo che il Portogallo, con la sua storia appartata e singolare, dev'essere un'autentica miniera di tregge. Aspetto quindi il prossimo viaggio di Cristina nella terra di Fernando Pessoa!

martedì 25 maggio 2010

Il Fondo Cristina (14): Trenós portugueses (1)



La nostra girellonissima Cristina la Meharista ci porta stavolta in Portogallo. Da un capo all'altro del mondo, sempre pronta con la sua fotocamerina ad immortalare tregge, treggine & treggione; tanto che sto considerando assai seriamente di pubblicare una specie di Minilessico Internazionale della Treggia, per sapere come si dice in tutte le lingue. Per ora sappiamo che in francese si dice Bagnole (meglio ancora: Vieille bagnole): in portoghese, invece, si dice Trenó. Questo per fugare immediatamente i dubbi di chi, leggendo il titolo di questo post, può aver creduto che mi stessi dedicando ai treni portoghesi. Non dubito che dedicare un blog alle vecchie locomotive e ai vagoni storici non sarebbe interessante (e, probabilmente, qualcuno lo avrà già fatto), ma "treno" in portoghese lusitano si dice comboio (il nostro "convoglio", insomma), e si pronuncia qualcosa come kuumbòyu.

Durante il suo Treggia's Tour lusitano (che si potrebbe rendere con Volta de Trenós), la nostra Cristina si è imbattuta in questa impareggiabile Renault 16 rossa, che reca ancora una targa portoghese nera old style, con le cifre in rilievo. Piccolo particolare che, almeno per me, riporta immediatamente al 25 aprile 1974, alla Revolução dos Cravos, a Otelo de Carvalho, a Grândola vila morena:


E siccome pare che José "Zeca" Afonso avesse proprio una Renault 16, in un impeto difficilmente contenibile vorrei farvi ascoltare anche questo suo capolavoro, Vejam bem:


Lasciò il segno (FF/10)



La vettura che vedete sopra è una Lancia Aprilia.

Purtroppo, a causa della ritargatura, non è possibile saperne l'anno di fabbricazione; e dalla foto non si legge nemmeno il pataccone dell'ASI, che obbligatoriamente indica tale anno. L'Aprilia fu costruita, comunque, tra il 1937 e il 1949.

Fu accolta con stupore. Presentata al salone di Parigi con il nome di Ardennes, si narra che Henry Ford fu beccato a curiosarle attorno dopo l'orario di chiusura. Severamente redarguito, ebbe a dichiarare che "era l'unica vettura esposta per la quale valesse la pena fare una figuraccia". Era famosa per i meccanismi perfetti di chiusura delle portiere (che emettevano il tipico "toc") e per un cruscotto che indicava a scalare i litri di benzina presenti nel serbatoio.

Non erano solo questi particolari. L'Aprilia era una vettura di trent'anni dopo, la si potrebbe definire anch'essa una macchina del futuro. Lasciò il segno. Se non proprio del 2000, era almeno degli anni '60 o '70. È stata probabilmente la prima compatta della storia: aveva, già nei primi esemplari usciti nel '37, un coefficiente aerodinamico di 0,47 -vale a dire identico a quello di una Golf di 1a serie, o di una Renault 5. Con il suo retro "a coda", suscitò non poche perplessità all'inizio; perplessità che svanivano immediatamente alla guida. Ovvero: svanivano immediatamente per quei pochissimi fortunati che se la potevano permettere.


L'ultimo stadio



Siamo di nuovo nel murato & turrito paesino del Mediovèo, stavolta all'interno della cinta (luogo dove ogni donna che entra è in-cinta, ahahahhahahahaha che battutona!). Qui si compie, inopinatamente, un ultimo atto: viene testimoniato infatti (già con una targa bianca, ma in questo caso è doverosa l'eccezione) l'ultimo stadio della Fiat 127. Oramai prodotta in Brasile, allungata, imbruttita dai paraurtoni e affiancata dalla "versione station wagon", la tristemente nota Fiat 147 che rappresenta una delle vetture più orrende che abbiano mai recato il marchio Fiat (a mio parere, ancor più brutta della Duna). Comunque una doverosa documentazione della poco onorevole fine di un modello glorioso.

Rusty la Servàggia




Siamo sempre durante l'oramai celebre gita foripòrta di domenica scorsa; il tempo si è un po' rannuvolato, fa sempre caldo e siamo in una cittadina il cui nome toscano si potrebbe rendere teutonicamente con Wolfsberg. Certo che al proprietario di questa Fiat 131 Mirafiori (che in realtà mira una siepe in un parcheggio condominiale) doveva piacere il color ruggine: così l'acquistiède nel lontano 1980, e via via gli anni hanno trasformato il color ruggine in ruggine autentica, ché così non ci ha più nemmeno bisogno di riverniciarla. Quando si dice che una treggia, in fondo, ti semplifica la vita!

lunedì 24 maggio 2010

Herbie e il Mediovèo





Doveva prima o poi succedere che lo ritrovassi da qualche parte, il Maggiolino Tutto Matto. Uno dei miti perduranti della mia infanzia: impossibile che non mi venisse a far visita. Tutto matto sì, d'accordo, ma anche dotato di una notevole saggezza: prima di tutto, dalle polverose praterie e dalle interminabili highways americane se n'è venuto assai più opportunamente a stare da queste parti, facendosi addirittura ritargare Firenze nonostante il mantenimento della targa del Misùri (che peraltro è un tipico cognome fiorentino). Indi di poi, ci deve aver messo pochissimo per mandare all'inferno quella pallosissima variante del gioco dei quattro cantoni che gli americani chiamano bèisbol, e si è messo palesemente a tifare Viola con tanto di scudetti e Coppeitalie in bella mostra; infine, come sua dimora ha scelto un graziosissimo paesino che la letteratura ricorda per esser stato racquistato in un curioso componimento del poeta quattrocentesco Lorenzo Lippi (che per l'occasione si anagrammò il nome in Perlone Zipoli). Paesino dotato di un'interessantissima nonché minuscola cinta muraria risalente al Mediovèo.

Ebbene sì. In questa zona e nella Toscana tutta, di paesi, paesini, villaggi e cittadine risalenti al Medioevo ce ne sono a bizzeffe; ma soltanto questo paese può vantarsi di risalire al Mediovèo. Non ci credete? Guardate un po' qui sotto:


Il Mediovèo, insomma, è quel posto dove al Perfido Ristoro servono piatti tipici medioveali (tra cui: il cibrèo del mediovèo, lo scangèo del mediovèo e il filistèo del mediovèo). Poteva Herbie non finire in un posto del genere, con il suo numero 53? 'E son boni tutti a stà' n'i medioevo, solo i' Maggiolinotuttomatto gli è medioveale!

Non mancava più, ma rieccola verde!




Lo aveva (pre)annunciato Simone il Treggista nella sua mail: Chi cerca trova. E ne ha trovate ben due nello stesso giorno, di 128! Questa qui, che peraltro mi riporta ad atmosfere piacevolmente familiari, è discretamente più vecchia dell'altra: siamo infatti ai primi di gennaio del 1973. Ma siccome io sono uno che ama porsi sempre obiettivi "oltre", comincio col dire che ha già la calandra del radiatore "di seconda generazione", che preannuncia l'allora immancabile Special (quella con le luci per la retromarcia, per intenderci). A questo punto, carissimo e impareggiabile Simone, l'interesse centoventottistico si sposta su un esemplare di prima generazione, quello con la calandra spartanissima con il logo "Fiat" ancora nello stile degli anni '60. A Firenze, ne sono assolutamente certo, mi ricordo di aver visto delle 128 targate FI 48... o 49.... e rotti: siamo nel 1968/69. La troveremo. Questa qui sotto, per intenderci:


Mancava, ed eccola bianca




Chiaro che il TB non è un album di figurine, e che qui non risuona il mitico célo/manca di quando s'era bambini e s'improvvisavano epiche sedute di scambio durante la ricreazione. Però, è inutile negarlo, una Fiat 128 berlina era tra i più tenaci desiderata e aveva resistito finora a tutti i tentativi. Ma ci ha, ancora una volta, pensato Simone, al quale lascio oltremodo volentieri la parola dato che serve benissimo a introdurre anche il post che verrà dopo di questo:

Chi cerca trova! Ma anche chi non stava cercando...

"La trova, anzi, le trova!
Cosa avrà mai trovato questo apparendista treggista, ti starai domandando? Ma due (dico 2!) Fiat 128 e nello stesso giorno cioè oggi!!!
Leggevo tempo fa: ... una Fiat 128 coupé (del 1973 ) non è mai roba di poco conto, sempre tenendo presente che da questo blog manca ancora una 128 berlina.
Non più!!! Oggi, percorrendo la ************ in località T******** (a due passi da casa mia), vedo una bella Fia 128 verde oliva parcheggiata. Visione, tempo di reazione, freccia a sinistra, inversione di marcia, fermo l'auto, scendo e...foto!
Già contento per l'arricchimento del Blog di una vettura che ci (posso dire "ci", vero?) "mancava", immaginati lo stupore quando arrivo da un cliente a Montespertoli e davanti all'officina ci trovo parcheggiata un'altra Fiat 128, questa volta bianca. Parcheggiare a mia volta, scendere e cominciare a fare foto è stato un attimo. Ho anche suscitato la curiosità di due passanti, due donne di qualche nazione dell'est che mi guardavano e ridevano, sicuramente stupite che un abitante del ricco ovest s'interessasse ad una vecchia treggia simile a tante che sicuramente circolano nel loro paese (ti ricordi le Yugo? Una specie di 128 coupé, di una bruttura sublime...).
Insomma, giornata fruttuosa: due piccioni con una fava (io!)."

Si aggiunga anche che la 128 in questione (del 1976) ha una delle prime targhe arancio-nere, e che il proprietario farebbe forse bene a prendere un attimo il cric e cambiare una gomma...e anche che il "ci" lo può dire eccome Simone, accidenti se lo può dire!


domenica 23 maggio 2010

Il Dio dei Bivi, Il Colonnello Kurtz che salta il fosso, una gita domenicale e una Fiat 509



Il Dio dei Bivi (Dieu des Carrefours), oppure semplicemente la Sorte, hanno voluto che proprio nella domenica in cui il Colonnello Kurtz ha saltato finalmente il fosso, istituendo un apposito Blog Treggistico cui ha dato il superbo nome di Mezzi inutili, ma non eccessivamente (e con uno stupendo post da Treggista oramai consumato, che vale davvero la pena di leggere), il qui presente voster semper voster (eh sì, leggevo anch'io Alan Ford da ragazzino!) Venturi Riccardo, in compagnia dell'inseparabile piasintëina, si trovasse impegnato in una gitarella fuori porta. In realtà i programmi erano diversi: ma sono soltanto rimandati di qualche giorno, e siccome hanno precisamente a che fare con il TB, per ora non ve li dirò (ma preparatevi a conoscere le meraviglie di Capornia). Insomma, ce ne stavamo andando bel belli - e del tutto ignari della suprema decisione del Colonnello- nella prima domenica finalmente estiva dell'anno, pigliando l'incasinatissima e vecchia via Pisana, che costeggia l'Arno e che -assai opportunamente- quando entra nel comune di Lastra a Signa cambia nome (gaudio!) in via Livornese. A Lastra a Signa, nonostante i malefici semafori rossi che durano due ore e provocano code interminabili, almeno in questo caso hanno fatto la cosa giusta. L'intenzione era quella di andare alla meravigliosa villa che fu di Enrico Caruso, e nella quale consumarono anche il loro complicato amore Sibilla Aleramo e il poeta Dino Campana.

Senonché, ad un certo punto, il programma ha subito una leggera variazione. A un carrefour, ci si è messa davanti, sbucando da destra, la macchinina che vedete nelle foto. Il problema gli è che andava, e noi eravamo tre lunghezze dietro. È quindi cominciato un inseguimento, durato almeno cinque o sei chilometri, finché uno dei sunnominati semafori rossi non mi ha permesso di piantare la Fiesta in mezzo di strada e di catapultarmi a fotografare.

Il risultato è questa Fiat 509 del 1928, con targa del dipartimento delle Alpi Marittime (06). E una targa Alpestre e Marittima assai indietro nel tempo, seppure appartenente già al FNI (Fichier National des Immatriculations, istituito nel 1951 e da poco mandato -ohimé!- in pensione per essere sostituito con uno scimmiottamento alfanumerico dell'attuale sistema italiano). Con le lettere DE, si dovrebbe essere comunque ancora negli anni '50 quanto a immatricolazione nel FNI. E se magari trovare una vettura del genere con una targa del genere può essere non trascendentale a Nizza o persino a Parigi, un po' più particolare è trovarla tra Ponte a Signa e il Porto di Mezzo (che ha dato i natali al cantautore impegnato Leoncarlo Settimelli). Insomma, come se il Colonnello Kurtz prima o poi trovasse una Balilla targata Firenze fra Pontoise e Nogent-sur-Marne. Queste le son le magie del Treggismo Militante, così come trovare una targa francese DE in via Livornese, boia DÉ!

Insomma, credo che migliore benvenuto al neonato blog Treggistico del Colonnello Kurtz non possa esistere. La gita domenicale, peraltro, è poi proseguita passando nientepopodimeno che per il Lago di Loch Ness. Non sto scherzando. Vicino alla villa di Caruso, comune di Lastra a Signa (Firenze) esiste un laghetto artificiale chiamato Loch Ness. Ed è proseguita ancora, con altre impensabili trouvailles treggistiche che vedrete in seguito. Evviva l'Estate!

sabato 22 maggio 2010

Il 23 giugno 1955 (FF/09)



Si dice che le bizzarre coincidenze siano il sale della vita; come dar torto a questo pensiero. Prendiamo ad esempio Targhe a Roma, il sito delle targhe italiane dalle cui tabelle riprendo da un po' di tempo la documentazione delle immatricolazioni; dalla tabella relativa alle immatricolazioni di autoveicoli a Brescia e provincia, risulta che la targa BS 51186 è stata emessa il 23 giugno 1955. Data teutonicamente precisa. Orbene, eccovi qui anche la vettura cui è stata attaccata. La Fiat 1100 TV sponsorizzata dai genitori e tutta bombardata sportiva (peccato per tutto l'orrendo impiastricciamento che ha sul cofano anteriore). Insomma, il primo caso di treggia di cui, nel TB, si sa la data precisa di immatricolazione senza dovere nemmeno spulciare il libretto di circolazione; o, volendo, la prima treggia della quale si potrà festeggiare il compleanno. Che, poi, cade in giugno come quello del Treggia's Blog stesso. Anche questa una bizzarra coincidenza, chissà!