giovedì 29 novembre 2012

Chi treggia a mano va sano e (poco) lontano


L'origine etimologica del termine treggia è stata spiegata agli albori del TB: era nientemeno che il 3 giugno 2009, il terzo giorno del blog, in un post "teorico" che invito a rileggere. Da allora, direi, mi è riuscita una specie di piccolo miracolo: quella di diffondere in tutta Italia un antico termine conosciuto oramai poco persino in Toscana. Insomma, come si suol dire, ho rivitalizzato una parola; e non è poco. E' finalmente ora di tornare alle tregge "originarie" proponendone una autentica nel senso più antico, quello di trahea (veicolo tirato a mano); a proposito, mi è venuta anche un'adeguata traduzione in latino di "Treggia's Blog", che sarebbe Trahearum photographicum receptaculum interneticum cum commentariis. Bello, no?

Per farla meno lunga, eccovi quindi un'autentica carriola in condizioni operative. Quando, naturalmente, avrete finito di sghignazzare, vi potrei anche dire che non ho avuto nessun dubbio nel fotografarla e treggiablogghizzarla: ho ripetuto ad nauseam che questo è, fondamentalmente, un blog di memoria, e la memoria impone di ricordare e registrare anche le superstiti tra questi mezzi di lavoro che sono, senza tema di essere smentito, antichi quanto l'umanità. Qualcosa di simile alla carriola, anzi del tutto uguale a parte lo pneumatico e la struttura in metallo, doveva esistere già ai primordi della storia, dato che si tratta di un veicolo del tutto elementare: una ruota, un contenitore, degli aggrappi e due braccia col relativo sudore, la relativa fatica dell'uomo che lavora. Con questo, spero che le vostre risate si siano tramutate in rispetto.

Siamo ancora nel famoso "squat" di cui al post precedente, e la cosa non deve stupire. Posti del genere sono stati rimessi in sesto grazie alla fatica e al sudore di chi vi abita, e una carriola ha lì il suo posto naturale. Se ne cominciano a vedere poche persino nei cantieri edili, che erano il loro "regno". E giuro che, se ne vedrò altre, le fotograferò (assieme ad altri mezzi manuali per i quali ho istituito addirittura un'apposita categoria). In piedi tutti davanti all'umile carriola!

Mr Skeleton


Non è detto che tutte le lettrici e i lettori del TB sappiano che cosa sia uno squat; ancor meno probabile che vi siano mai entrati dentro. Uno squat è un posto occupato, prima di tutto; nel senso che ha subito un'occupazione da parte di chi vi abita. Uno squat, poi, è anche un posto dove non si abita mai tranquilli, perché è costantemente sotto minaccia di sgombero. Uno squat, infine, è un posto dove non abitano ragionieri con le famigliuole. In questo qua, che è uno squat storico di Firenze, abitano ragazzi e ragazze, cani, gatti e altri animali che hanno fatto una scelta di vita parecchio diversa dal solito, e se la portano avanti. Io sto zitto, perché -seppure in un buco e nonostante la mia vita sia, in generale, un po' più squadernata della vostra- abito in una casa più o meno normale e di mia proprietà; ma negli squat e in altri posti anche più strani di questo ci sono entrato e continuo a entrarci con parecchia convinzione. E ci si trovano anche, non di rado, tregge come queste.

Qualche misterioso legame deve esserci tra il Fiat Daily e il disassamento delle convenzioni; nessuno di voi, credo, si sarà scordato degli Illenisti genovesi e del loro "Marco Polo". Questo Daily squattato non è senz'altro paragonabile all'altro, però il "Mr Skeleton" con tanto di tuba e bastone è irresistibile e merita senz'altro il posto d'onore in questo post. Quanto all'automezzo, beh, è un camperone dove, è presumibile, vivono delle persone che non hanno (ancora) trovato una sistemazione fissa nello squat, che è una vecchia cascina abbandonata rimessa pazientemente in sesto. Un automezzo che meriterebbe comunque un post nonostante la targa alfanumerica "moderna":






PAP (Pòlis Aiuèi Pàtrol)




Innanzitutto, il luogo. Sì, perché non capiterà mai più che il TB e il vostro Treggista Preferito® si spingano addirittura dentro il Piccolo Teatro di Milano. Sì, avete capito bene: le foto sopra sono state scattate da me proprio all'interno del Piccolo Teatro, quello di Giorgio Strehler per intendersi, dove mi ero recato con la Piasintëina a vedere il monologo Pro Patria di Ascanio Celestini. Prima di entrare in sala, un rapido giro per l'antiteatro dove, guardate un po', c'era questa cosa qui esposta.

Sì, è proprio lei: la vecchia, cara, classica automobilina a pedali. Ma se questo è il Treggia's Blog, treggia doveva pur essere; e questa proviene da qualche parte degli anni '50. Americanissima, la stella della Police Highway Patrol (che suona parecchio diverso da "Pattuglia di Polizia Stradale Extraurbana"), il volantone quasi più grosso dell'automobilina stessa e delle dimensioni non lontane da quelle di una Smart o di una macchinina elettrica attuale. A pensarci bene, la trazione a pedali non è stata sfruttata adeguatamente nelle nostre città; con vetturette di queste dimensioni sarebbe stato interessante sviluppare il concept. Tant'è. Magari le si potevano griffare adeguatamente, e il gioco era fatto!

Sempre forza Viola!




La Viola, quest'anno, va bene e entusiasma pure; tant'è vero che sono tornato persino a guardare le partite al Circolino, che nella fattispecie è quello ARCI del Ponte a Greve. Antica Firenze suburbana, quella, con un fascino tutto suo che mai nessun turista saprà cogliere: i terratetto, la Greve, il ponte, la strettoia di via Pisana coi numeri civici più alti dell'intero Comune di Firenze. E, proprio di fronte al circolino, un grosso parcheggio condominiale che, non di rado, propone qualche bella treggia e persino qualcuna notevole. Come questa, fotografata nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo di una bella domenica d'ottobre (anche dal punto di vista del risultato calcistico). 


C'era ancora un sole bello caldo che disegnava fantasmagorie sulla carrozzeria di questo Maggiolino "bombardato" arancione del 18 dicembre 1970. Come mai, stavolta, dico addirittura la data precisa? Presto detto. In alcuni (rari) casi, le tabelle progressive delle immatricolazioni riportano l'immatricolazione di una specifica targa; e questo è uno di quei rari casi. Una non comune particolarità che il Treggista smaliziato sa apprezzare non poco, tutto legato alle sue càbbale com'è.


E così, mentre la nuova Fiorentina targata Borja Valero, Pizarro e Cuadrado trionfava sull'avversario, il sole accarezzava questa vettura pigramente stesa all'ultimo sole prima delle brume autunnali e de' rigori invernali. A noialtri la ventura di trovarla, e il dovere d'apprezzarla.

venerdì 23 novembre 2012

Doppio rientro



Questo mese di novembre 2012 no, non è stato il mese del record come avevo pomposamente annunciato all'inizio; insomma, ci sarà forse solo il tempo di non fargli fare una magra figura tipica di quest'annata treggistica parecchio altalenante. In compenso segna un doppio rientro del sottoscritto, aka il Vostro Treggista Preferito®: quello, l'ennesimo, sul TB dopo qualche giorno di stop, e quello, assai più importante, su ISCF.

Che cos'è ISCF? E' la sigla di it.sport.calcio.fiorentina, il newsgroup Usenet dedicato alla Fiorentina (o meglio, il "covo dei Viola", come viene definito a volte). In tempi di Facebook e Twitter imperanti, newsgroup e forum sono forse una specie di relitto del passato, di una Rete quasi eroica dove ci si svenava di bollette grazie alla tariffa urbana a tempo; basti pensare che il primo post su ISCF lo postai il 13 marzo 1999, quasi quattordici anni fa. Da ISCF ero scomparso all'improvviso qualche tempo da (facciamo un due o tre anni, poi non vi lamentate se non aggiorno il TB per due settimane...); e il legame col TB non è casuale dato che un altro suo assiduo frequentatore e correligionario Viola, il gigliese Ionis 56, mi ha spedito alcune tregge dalla sua isola. 

Nei giorni scorsi, però, la voglia di tornare su ISCF si è fatta prorompente; è l'ho fatto in una maniera, diciamo, un po' pittoresca. Inventandomi prima un personaggio improbabile, lo "Sfiammaparterre", un tassista fiorentino e tifoso Viola emigrato a Heraklion (Creta). Naturalmente, anche dato il tipo di taxi che gli avevo affibbiato (una treggia magistrale: una Mitsubishi Colt del '94 con 852.000 km), mi hanno sgamato quasi tutti dopo due giorni; ed eccomi qua. Naturalmente, vi starete ancora chiedendo che accidenti c'entri tutto questo con questo post e con la  Lancia Fulvia berlina (del 1967, anno che fu, allora, record per le immatricolazioni a Firenze e provincia dato che l'alluvione del '66 si era portata via un bel po' del parco macchine...) che si vede nelle fotografie.

Rispondo che le foto in questione non è stata scattata a Firenze e provincia, bensì a Bologna (da qui la categorizzazione come "Treggia extraterritoriale" nonostante la targa). A Bologna abita un altro frequentatore di ISCF, Magilla, che ha trovato questo Capolavoro Viola e  lo ha fotografato davanti alla scuola dei suoi figli (i quali possono essere fieri di avere un babbo Viola, e non tifoso d'una squadretta di scalzi e gnudi con la maglia rossa e blé che si tiene a galla solo grazie a un pratese e a un biellese entrambi scarti della Fiorentina). 

Nella foto: Magilla mentre scrive un post su ISCF

In un post pubblicato sul newsgroup Viola, Magilla afferma di aver scattato le foto il 19 gennaio 2010, ma di non avermele mandate per timidezza. Ora, dico io. Una treggia simile, con tanto di scudetto della Fiorentina degli anni '60 (la mitica "Fiorentina yè-yè" che poi lo scudetto lo vinse per davvero, nel '69), non spedita al TB per "timidezza"?... Ma se lo sanno tutti che io sono buonino buonino, e che ho reazioni assolutamente pacate e piene di gentilezza....!

 Nella foto: una tipica e placida reazione del Treggista® quando non gli mandano le foto di una treggia


martedì 13 novembre 2012

Gnomi





Anni addietro, non era raro vedere in giro, attaccate a improbabili vetturette, delle roulottine talmente minuscole da domandarsi se la famigliuola che vi si sistemava per le vacanzine fosse composta di gnomi del bosco (disse lo gnomo alla gnoma: "Gnamo!"). Sì, ma il camperino degli gnomi, ancora, non mi era mai capitato di vederlo; perché questo, inutile girarci attorno, è proprio un camper. Ricavato da un Fiat 900/T felsineo del 1979, con tanto di rialzino (evidentemente per permettere agli gnomi di starci vagamente in piedi) e ruota di scorta sul davanti. Questo significa veramente non fermarsi davanti a nulla; chi ha superato una certa età si ricorderà senz'altro degli 850 e dei 900T, i tipici pulmini delle suore o della parrocchia, che ora come ora potrebbero comodamente stare dentro un SUV o una monovolume. Eroismo allo stato puro, ma anche la testimonianza inequivocabile che, nonostante la crisi e tutto il resto, la statura media degl'italiani dev'essere aumentata.

giovedì 8 novembre 2012

Dark green in Leghorn night




La notte è notte anche in una città intrinsecamente luminosa come Livorno; e, sicuramente, un colorino come quello verde scuro Fiat tipico delle 850 Sport anni '70 (questa è del 1968 !) non aiuta quando cala la sera. Accenti pierociampiani; del resto, siamo proprio a pochi metri dalla casa dov'era nato, nel quartiere del Pontino. Insomma, la sera era calata, avevo cominciato a camminare sperando d'incontrarne qualcuna come lei, e zàcchete. Era lì, e (finalmente) pure targata Livorno. Come in tutte le città di mare (e lo si è visto delle precedenti Tregge Livornesi: una targata Ascoli Piceno, e l'altra Cuneo), dove si sbarca e ci s'imbarca, la targa "foresta" era all'ordine del giorno, fino ad arrivare al parossismo di Napoli (una delle poche volte che ci sono stato ci ho visto, letteralmente, targhe di tutta Italia, da Aosta a Ragusa). Simpatica anche la sequenza "LI11", e mi devo immaginare come dev'essere stata LI111111. Una specie di sibilo, anche se non paragonabile a SI111111 (che, più che una targa, pare un orgasmo).

lunedì 5 novembre 2012

L'art de vivre


Non sono certamente tra quelli cui piace abusare di termini come filosofia o arte per oggetti che, sicuramente, non lo meritano. Però è pur vero che un'automobile può essere tranquillamente e seriamente un'opera d'arte; ecco, a mio parere la 2CV, senza indulgere a considerazioni modaiole presenti e passate, lo è. Un prodigio autentico, perché per essere un prodigio non importa essere una Bugatti del 1930 di cui son rimasti in circolazione due esemplari al mondo e che valgono più della portaerei Forrestal; si può anche essere un'utilitaria popolare concepita e nata per trasportare due contadini, i loro attrezzi e un sacco di patate pieno su ogni terreno. Era il 1939, l'anno in cui scoppiò la guerra; gli anni delle prime ferie pagate e del Front Popu. Con la 2CV, un po' di quegli anni là lo si vede ancora in giro tranquillamente, con linee mutate soltanto leggermente e un fanale anteriore in più; e chissà per quanto ancora, fortunatamente, lo vedremo. Arte, sì; l'arte di vivere. Il proprietario o la proprietaria di questa Dédeuche trovata a Livorno e targata però Cuneo (del 1983) ha deciso di sottolineare il concetto direttamente in lingua originale:


Ceci est plus qu'une voiture, c'est un art de vivre; "questa è più che una macchina, è un'arte di vivere". Beh, non me la sento di dar torto a chi ha creato questo slogan. Ho una venerazione autentica, lo si capisce, per la 2CV; e non capisco in nome di che cosa lei e poche altre macchine (la R4, il Maggiolino...) siano state dismesse. Sono convinto che avrebbero continuato a fare sfracelli, in barba alle "cose" più o meno tondeggianti e tutte uguali che si vedono in giro ora.


A Livorno, evidentemente, dove di arte di vivere se ne intendono fin dai lunghi colli di Modigliani, dalla pipa di Fattori e dal Black & Decker di Angelo Froglia e dei suoi amici, le tregge vanno in coppia; singolarmente, infatti, la 2CV cuneese dell'art de vivre la ritroviamo assieme ad una nostra vecchia conoscenza, il T2 cassonato targato Ascoli Piceno.  Ne ho approfittato anche per ribadire un po' quest'ultimo automezzo.



venerdì 2 novembre 2012

L'antico Coniglio Onnisciente




Nell'antica mitologia scandinava, il nano Alvíss è il "Gigi-sa-tutto" che, però, rimedia un'epica (in tutti i sensi) figura cacina quando viene sconfitto inopinatamente in una gara di domande, vero e proprio quiz mitologico a base delle kenningar più vertiginose. Che sappia tutto lo si intuisce già dal suo nome: basta conoscere i rudimenti dell'antico islandese, per capire che al-víss vuol dire "che sa (víss, radice ad esempio del verbo tedesco wissen "sapere") tutto (al, come l'inglese all)". "Onnisciente". Però l'Onnisciente non sa rispondere all'ultima domanda postagli dal suo sfidante, il quale, ahilui, è Odino in persona; e gli tocca infilarsi la coda tra le gambe e riconoscere la sconfitta, come è raccontato nell'antico carme eddico intitolato, per l'appunto, Alvíssmál o "Carme del Nano Onnisciente". 

Sognavo da un po' di fare un preambolo filologico e germanico, in omaggio a mie oramai antiche consuetudini e frequentazioni; un po' come il famoso incipit della Vita agra di Luciano Bianciardi, dove spiega (sulla scorta dell'Adelung) l'origine germanica del nome di Brera. La macchina che vedete in queste prime foto ci ha, naturalmente, qualcosa a che fare; si tratta infatti di una Alvis 12/50 del 1924. Quando un Treggista Militante® ha la fortuna di conoscere abbastanza bene uno dei più grossi collezionisti d'auto d'epoca di Firenze, può capitare che quest'ultimo arrivi bel bello alla guida di un'automobile del genere (con un'improbabile targa moderna di Roma) senza ricorrere a raduni o roba del genere; nessun dubbio che, un giorno o l'altro, la Alvis parteciperà a qualche riunione di consorelle oldtimer, ma per ora siamo nel giardino d'un posto qualsiasi, in mezzo a autoambulanze varie, e così sia.



Tutta la dotta introduzione sul mitologico nano Alvíss, però, potrebbe non entrarci nulla col nome della gloriosa casa automobilistica britannica, attiva dal 1919 al 1967.  Alcuni sostengono sí che il Nano avesse a che farci, ma altri propongono invece un acronimo tra le parole latine Aluminium e Vis. Sarebbe, dunque, qualcosa come la "forza dell'alluminio". A risolvere la questione ci pensò direttamente il fondatore della casa di Coventry, Geoffrey De Freville, che respinse tutte le ipotesi più colte e affermò semplicemente d'aver inventato di sana pianta il nome, che voleva semplice da pronunciare e ricordare in tutte le lingue. Come simbolo della sua casa automobilista, De Freville scelse un comunissimo coniglietto ritto sulle zampe posteriori: quello che vedete nelle foto sopra. Insomma, l'antico Coniglio Onnisciente lo si potrebbe dire. E che sia antico, almeno dal punto di vista automobilistico, non c'è dubbio.

La Alvis 12/50 rappresentò il primo grande successo della Alvis; fu prodotta, in varie versioni, dal 1923 al 1932. Essendo questo esemplare del 1924 (e bisognerebbe sempre tener presente che, pochi giorni fa quando l'ho fotografata, girava per le strade di Firenze un'automobile di ottantotto anni di età, incidentalmente la stessa età che avrebbe avuto mio padre), è uno dei primi. Si contraddistingueva per un'innovazione tecnica mai vista: la Alvis 12/50 aveva infatti le quattro ruote frenanti. Un'innovazione talmente sentita da farla dichiarare in modo più che vistoso sul mozzo fermaruota di scorta:


 In nove anni ne furono prodotte esattamente 3705, un numero considerevole per l'epoca. Era una vettura di "segmento medio-alto", come si direbbe ora, con motorizzazioni da 1496, 1598 o 1645 cc. Avendola vista di persona, fatta di lamiere robustissime montate a mano e con finiture di autentico buon legno, si può restare meravigliati nel sapere che raggiungeva agevolmente i 120 kmh.



Dalle foto sopra è possibile apprezzare il cruscotto ligneo (la guida, naturalmente, è a destra: si tratta di un esemplare proveniente direttamente dalla Gran Bretagna e, a quanto dichiaratomi dal proprietario, ancora in possesso delle targhe originali inglesi con le quali però non può ancora circolare). Ha percorso 22143 miglia nominali e ai più attenti non sarà sfuggita una caratteristica che ne rende la guida non facile: il pedale dell'acceleratore, infatti, si trova al centro. Gli inglesi sono noti per essere eccentrici, ma in questo caso sono stati centrici.




Ultime tre visioni dell'antico Coniglio Onnisciente (con, sullo sfondo, beh, una Jaguar Sovereign; ma ne riparleremo); e guardiamole tutte bene, perché non ricapiterà con tanta facilità.

giovedì 1 novembre 2012

Il mio amico orso


Novembre lo comincio con un bel camperozzo su base Fiat 238, del 1980. Nelle mie intenzioni, dopo tante "pause", novembre vorrebbe essere il mese in cui s'attacca il record di post (che è di 51 mensili, ripetuto due volte); pongo quindi questo mese del TB sotto l'egida del mio amico orso.


Il "mio amico orso" è un tipico adesivo da camper che fa bella mostra di sé su questo automezzo; come tutti sanno, i proprietari di camper sono assai propensi a sottolineare il loro grand'amore per la natura. Resta naturalmente da vedere se dell'orso sarebbero tanto amici, se se ne presentasse uno incazzato nella radura dove si sono accampati, pronto a distruggergli il mobilhome a zampate; ad ogni modo, è lodevole tutta questa sensibilità ambientale da parte dei camperisti.